IL FANCIULLINO CHE OSSERVA DIETRO IL VETRO DI UNA FINESTRELLA
L’opera dell’autore “il manticanino” è composta di poesie dedicate a diverse tematiche e realizzate con diversi stili. Particolarmente efficaci sono i versi in vernacolo, fra tutti “LE’ STAT ASE’ UN ATIM- E’ BASTATO UN ATTIMO”. Molto forti e toccanti sono i componimenti contro le malattie, come l’Alzheimer (“NON VOGLI SENTIRE IL TUO NOME”). Nel resto dell’opera è l’occasione speciale a ispirare il poeta, che suggella il momento, rendendolo eterno. Scrive per un Amore (“AD UN AMORE”), per una figlia che si sposa (“LA STRADA PIÙ LUNGA”), per un beniamino sportivo (“L’ADDIO AL CALCIO DI BUFFON”), per un clochard (“U CLOCHARD”), per un addio (“FANTASMA D’AMORE”). È possibile, dunque, trovare una chiave di lettura per un poeta così universale e versatile? Per riuscirci dobbiamo ricorrere ad un grandissimo: Giovanni Pascoli a alla sua famosa “poetica del Fanciullino”. Egli così scrive nel suo noto saggio: “È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona” (“Il Fanciullino”). Il Fanciullino guarda il mondo con l’ingenuità, l’innocenza e l’intelligenza proprie di quell’età. Riesce ad emozionarsi per motivi incomprensibili con la sola ragione. Sa cogliere somiglianze, legami nuovi e imprevisti fra le cose, riversa la sua immaginazione in ogni oggetto reale trasformandolo in simbolo, inventa parole capaci di trasmettere le sue “meravigliose” visioni. L’autore “il manticanino” aderisce a questa via poetica. Lui stesso spiega come ciò avvenga, nella poesia programmatica “DIETRO QUEL VETRO”. Il poeta deve tornare bambino e osservare col viso schiacciato sopra il vetro di una finestrella: ” Giace il mio viso schiacciato sopra il vetro/di una finestrella senza ante,/ed attraverso il pianto del mio respiro,/che un dito cancella e porta via,/sfilano, sereni, i ricordi di un bimbo avido di sogni./Ecco, ora vedo passare il venditore,/ad addolcire le nostre domeniche di bimbi,/vedo sfilare via, quei giochi sulla strada,/allora amica e priva di perigli./E sento, dolce, il rumore di un legnetto,/che, preso a botte, rotola lontano,/odo le urla di mia madre,/per quella palla infrangere il silenzio…/Poi mi ridesto ancora dietro un vetro,/che, ora trovo chiuso dalle ante,/ho un palpito, e allor trepido mi chiedo,/se ho voglia ancora di guardarci dietro. ” (“DIETRO QUEL VETRO”). Il poeta è tale, allora, quando come quel “fanciullino” riesce a guardare con stupore e meraviglia il mondo, dal suo cantuccio. “Il manticatino” fa proprio così, come Pascoli, forse prende uno sgabello per arrivare alla finestrella e osserva. La creazione poetica che ne viene fuori è allora il frutto di questa visione con gli occhi di un cuore puro. Con questa “facoltà” poetica, il poeta vede le cose più a fondo, riesce a distinguerne il sorriso e la lacrima. Può così notare che una donna in cerca di ristoro sotto un faggio, in realtà ha subito una violenza: “Quel faggio, col suo fusto, a te si dona,…./Ti adagi, tu, al riparo della sua folta chioma…/Ma ora che ti guardo da cosi vicino,/m’accorgo che il tuo viso non è mesto,/è stanco, emaciato è proprio pesto,/voglio saperlo, dimmelo chi è stato…” (IL FAGGIO INORRIDITO”). Altrove, l’autore è in grado di vedere tutta la magia l’Amore: “Cerco nel mistero fitto di un amore,/l’incanto che mi ha reso prigioniero,/e avvinto a te, rimiro ancor quel volto nelle nuvole” (“INCANTO PER TE”). Il lettore, allora, di quest’opera poetica si troverà a ritornare bambino e ad affacciarsi con “Il manticanino” alla finestrella, osservando il mondo con stupore: “Ho scritto versi, strofe, poesie,/e tu,/mai sarai un flebile ricordo/dentro pagine sdrucite dal tempo./E allora,/ecco cosa rimarrà in me !/Quei tuoi due occhi olivastri,/sperduti a fissare /il tempo che mai mi staccherà da te.” (“COSA RIMARRÀ IN ME?”).