Vibrazioni d’anima
Le opere di Bruno Pierozzi veicolano mediante tecniche miste un animo sobrio ed intenso, dai tratti misteriosi. Alcuni dipinti mostrano l’esigenza di simmetria. Linee dritte, geometriche, lineari, nel loro ordine esaltano il tremore di ciò che viene espresso, la tensione di un animo disordinato ed inquieto. Il contrasto tra sobrietà grafica ed intensità emotiva rende i dipinti struggenti. I colori sobri, nebulosi, è come se osservassero gli attimi di vita “contro luce” mostrando le cose per come sono realmente, senza filtri edulcoranti di sorta, senza falsi sorrisi. Allo stesso tempo queste tele racchiudono in sé la tempesta di un’emotività struggente, sofferente ed intensa che dignitosamente vive, sta nelle cose per come esse sono, si muove piano come un viandante su un mare di nebbia, trascinando con sé la propria intimità più vera, la propria “dimora a rotelle”. I personaggi in ombra scivolano tra contesti misteriosi ed onirici che spesso si nascondono, si perdono nei contorni poco definiti. Un richiamo costante all’effimero, ad un dinamismo che, seppur appena accennato visivamente, opera “dietro le quinte” e trasforma ogni cosa, non permette a nulla di stabilizzarsi in modo univoco ed imperituro. Non permette il conforto di ciò che è certo. Dalle tele di Pierozzi si percepisce un qualcosa che sta “dietro” che non riusciamo a scorgere chiaramente e, quindi, a prevedere, ma che si fa sentire, una strana calma prima della tempesta. Tempesta celata da un muro di pietra che da un lato tende a coprire ma che, allo stesso tempo, lascia intravedere. Ciò spaventa e fa tremare. E così la città di Roma, prediletta dal nostro artista, diventa teatro di uno sguardo artistico che rielabora le sue forme altisonanti mediante la propria interiorità come un’allucinazione espressionista. I tratti si perdono, di sdoppiano, si sovrappongono e si confondono. Quella di Pierozzi è anche una ricerca esistenziale profonda sul senso della vita e di quel vuoto, quella solitudine con la quale ognuno di noi deve fare i conti. Roma nella sua grandezza e maestosità si presta simbolicamente ad essere metafora anche di questa condizione alienante: siamo tanti, ma siamo anche nessuno. Volti sempre celati richiamano drammaticamente alla spersonalizzazione, al vuoto.