Svelata la quinta edizione della mostra e la fantascienza fa da guida all’antichità
Per attivare la capsula del tempo ci si può sedere sopra una sedia assemblata da Giacomo Balla nel 1918. L’artista l’ha realizzata con le cassette della frutta, un anticipo di arte povera nel bel mezzo del Futurismo e da lì, da quella seduta, creata per capire che si può fare con il mondo che ti cambia intorno, parte il cortocircuito che mischia le correnti, confonde gli anni, lascia che gli stili collassino. Insomma Flashback.
Il nome è sempre scritto al contrario perché in questa fiera non c’è un senso di marcia, c’è solo una data: 2 novembre. Un buco spazio temporale nella settimana del contemporaneo ed è bene prepararsi in anticipo. Non servono guide, ma un certo spirito di avventura sì.
Siamo alla quinta edizione e per festeggiare ci si sposta dall’antichità alla fantascienza con il jazz come colonna sonora e non è un contenitore di arte varia, è una ricerca costante che sceglie «In senso inverso» di Philip K. Dick come trama. Per riavvolgere la storia e capirci qualcosa o scoprire che le incertezze non sono poi condizioni tanto attuali, che il futuro è fatto di ritorni e la realizzazione è figlia di un recupero infinito.
La sedia di Balla non è uscita troppo spesso allo scoperto. La porta a Flashback Simone Aleandri che in realtà voleva allestire un’intera sala da pranzo, ma il design datato non concede un facile trasporto. L’idea non ha tempo, i mobili sì e si stanno consumando. In attesa di permessi difficile da reperire cambia lo stand, non la filosofia. Scovare le connessioni tra ieri e oggi, aprire porte che ti sbattono contro un quadro concepito secoli fa e che pure parla proprio a chi lo sta guardando ora.
Si suonerà per le sale della Fiera che non ha un’età ma ha un’identità ben precisa e un ritmo che muta di continuo come quello del jazz. E c’è un concerto che diventa installazione sonora per esaltare le sculture di Phillip King (è l’anno dei Philip). È uno dei tanti progetti speciali che rimbalzano dentro alla fiera dove tutto è contemporaneo, anche un uomo di 83 anni, assistente di Henry Moore prima e poi protagonista degli Anni Sessanta. Per innescare il cortocircuito si può pure scegliere uno degli schizzi fronte e retro estratto dal suo taccuino e proposto a Flashback.
Sono aumentate le gallerie, ci sono nove prime volte nell’elenco degli espositori: «Prima sfinivamo noi la gente al telefono, ora le chiamate arrivano. Hanno capito che siamo pazze e qui si può osare», le curatrici Stefania Poddighe e Ginevra Pucci promettono altre sorprese, sicure che la fantascienza e l’ultra passato non solo convivranno ma si inventeranno una vita comune. Un universo parallelo che nel nuovo spazio allargato è molto concreto pure se si procede in senso inverso. Non si ringiovanisce come Benjamin Button, ma si può invecchiare meglio.
di Giulia Zonca, la Stampa