ROSETTA VENTURA

SIAMO CERCHI D’UNIVERSI PARALLELI, DOBBIAMO APRIRE LE BRACCIA E ACCETTARE L’AMORE PER VINCERE LA SOLITUDINE E TENDERE ALLA FELICITÀ E ALLA PERFEZIONE

«Siamo cerchi d’universi paralleli che intrecciandosi/formano la condizione perfetta» (“L’AMORE È SOSTANZA”).
Questa splendida immagine, espressa nell’opera programmatica “L’AMORE È SOSTANZA”, ben introduce l’ars poetica dell’autrice Rosetta Ventura. Ogni essere umano è un universo. Ogni uomo è un cerchio dentro al quale c’è il suo mondo, le sue caratteristiche, la sua specificità, i suoi sentimenti, i suoi sogni, i suoi ricordi, la sua vita, il suo io. Rosetta ha un profondo rispetto per l’individualità: «La nostra unicità è il dono più prezioso che abbiamo» (Craig Warwick). Tuttavia, l’individuo non basta a sé stesso, né per essere felice, né per essere perfetto. Ecco che, allora, entra in gioco la condivisione, il sapersi intrecciare con gli altri, lasciare immergere una parte di noi in un altro universo e contemporaneamente far penetrare l’altro cerchio nel nostro. Quel procedimento, per molti difficile da accettare e da individuare, che ha un nome semplice – AMORE – attraverso il quale un filo di Eternità ci tiene legati: «Tu sei alto./Io sono vasta./I nostri sguardi sono l’eternità…/Le nostre mani sentimento che trasforma./Siamo cerchi d’universi paralleli che intrecciandosi/formano la condizione perfetta./La felicità è reale solo se condivisa…/è la nostra dimensione…/siamo legati dall’amore eterno» (” L’AMORE È SOSTANZA). L’evoluzione dall’individualismo è l’unica via di salvezza. Ogni essere, se vuole dare un senso alla propria esistenza, se desidera esprimere la sua potenzialità di “perfezione” e raggiungere la felicità, deve intraprendere un cammino. Prima di farlo, però, ha l’esigenza di mettersi a “nudo”, di togliersi le maschere (imposte dalla società o create per autodifesa), di abbattere i muri di difesa, di offrirsi e fidarsi totalmente dell’Amore: «Ho nascosto tante volte il mio volto tra le mani…/Il mio cuore cercava la solitudine ma anche se camminavo veloce notavo tutto./La felicità odia i timidi…/Ero un giardino pieno di colori, profumi, versi…ma ero nascosta/dalle alte mura dell’indifferenza, del giudizio, della diversità./Ero stanca e mi ero arresa ma…il tempo ha la sua bellezza nel rivelare/ogni pezzo di esistenza…/Ti toglie la maschera della tristezza e mostra la bellezza del cambiamento./Dentro poi riparte il motore della vita… la consapevolezza in fondo è la sostanza di cui è fatta./Noi siamo il viaggio durante il quale ogni cosa prende forma, ogni persona si evolve ed/ogni sogno si conserva e poi realizza» (“TIMIDA GUERRIERA”). Forse arriverà un giorno in cui l’Amore sarà accettato da tutti…nel frattempo la poetessa, grazie al dono della poesia e dell’arte, lo sparge sul mondo come petali profumati. L’autrice si strugge interiormente per la condizione di quegli uomini, che “ottusamente” si ostinano a rimanere nella solitudine senza aprirsi agli altri: «Arriverà il giorno in cui l’amore sarà/accettato da tutti i cuori e la più/terribile dell’esperienza umana,/la solitudine assai peggiore della fame/sarà bandita dalla faccia della terra…» (“SPERANZA”). L’unica forza contro cui non si può nulla è il tempo, perché è finito e in uno spazio limitato. Eppure la poetessa, strizzando l’occhio a Ungaretti, tramite il “sentimento”, in questo caso la nostalgia, può far tornare vivo e presente il passato e si ILLUMINA D’IMMENSO: «Il tempo è ladro di cose non dette…/sfoglia le pagine del libro della nostra vita/e aggiunge sempre le virgole, i punti, nuovi percorsi./La nostalgia è una panchina vuota dove possiamo sederci/a fissare il vuoto e dove possiamo interrogare il nostro malinconico cuore./Navighiamo spesso sul mare dei ricordi /ed ogni volta raccogliamo pezzi del nostro io profondo./Oggi m’illumina d’immenso la nostalgia…/Tutto in noi…/Noi nel tutto./La vita diventa fine… la fine diventa vita» (“M’ILLUMINA D’IMMENSO LA NOSTAGIA”). Il creato e gli elementi naturali formano una sottile coltre, come la nebbia o la neve, sotto alla quale si cela l’Infinito. È un velo di bellezza che induce alla contemplazione e alla meditazione: «Il manto bianco è stato steso/e le case sembrano ombre sbiadite/dal tempo…/Si chiudono le porte e le finestre e il/camino acceso lentamente muore…/È notte fonda e tutti dormono» (“NEBBIA”). Il lettore che si avvicinerà ai versi di Rosetta, si troverà di fronte ad un’artista che sacramente ne apprezza l’individualità: «Ogni persona è un essere unico e di fatto, preso di per sé stesso, la più grande opera d’arte di tutti i tempi» (Thomas Bernhard). La poetessa è in grado di portarlo a comprendere il significato della sua esistenza, mostrando la via per la felicità. Non suonare più da soli un singolo strumento, ma far parte dell’armonia di un’orchestra. Un semplice gesto, aprire le braccia per accogliere l’Amore: «Sono io, così come sono,/un io che esprime apertura, confronto e che trova/la ragione della sua presenza./Un viaggiatore sulla coda del tempo./Un piccolo io e tante storie, che si intersecano,/scambiano, corrono parallele con i loro treni della vita./Cose vere che rendono la vita un posto degno di essere/visitato almeno una volta./Io con quei sentimenti che ci portano a cercare /l’anima a noi assegnata…/un io singolare che a mano a mano diventa plurale./Io un solista nell’orchestra dell’umanità che canta/le canzoni dei suoi giorni e custodisce/ogni esperienza per farne poi dono» (“A BRACCIA APERTE”). Un dolce segreto che è custodito e svelato nel cuore della poesia di Rosetta: «La felicità non è fare ciò che si vuole ma è volere ciò che si fa./Solo ora ho capito che da tutte le paure del mondo ci si salva da soli» (“VIVERE UN’ARMONIA”).

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