Fabio Recchia

GOCCE DI SOLE IN CERCA DI…

L’opera di Fabio Recchia si basa su tre principali assunti ideologici e programmatici:
1) lo spettatore è parte integrante e va a lui lasciato spazio di ermeneutica (interpretazione);
2) la fantasia creativa della mente, di chi guarda, ha la facoltà e il compito di completare l’opera, anche dal punto di vista emozionale;
3) con un gioco e un gusto ermetico, non va rivelato “il tutto” completamente, né dal punto di vista dell’emozione personale che ha generato il quadro, né del soggetto stesso dell’opera.
Dal punto di vista stilistico, la sfida di coniugare queste tre idee portanti è eroica. Anzitutto perché la tecnica scelta è quella dell’acquerello, che proprio “tecnicamente” non ammette errori, ripensamenti o correzioni: “Con l’acquerello siamo davanti al mezzo d’arte più eccitante e, al tempo stesso, più frustrante. Ogni volta è un’avventura con un risultato imprevedibile” (Moira Huntly – London University).
Poiché lo spettatore è parte integrante: il punto di fuga non è posto all’orizzonte, ma è in chi guarda. Si tratta della particolare tecnica della “prospettiva inversa”, certamente ispirata dall’arte naif e dall’iconografia bizantina. Per lasciare spazio alla “creazione”, l’autore gioca sul compiuto e incompiuto, tra gocce di colore e pennellate. Singolare e importantissimo che “lo spazio” incompiuto sia bianco e non nero. Questo dà un aspetto luminoso all’opera ma soprattutto ne fornisce un’idea positiva, solare, ottimista. Opera programmatica è in questo senso “Gocce di Sole”: non è solo la mano di Fabio a dare vita al mondo rappresentato, ma lo completano e lo significano gli occhi e la mente dell’osservatore. La luce, Sole, il bianco, fa colare gocce della sua forza (colore) sul mondo (foglio) e prendono vita delle sfumature: di azzurro (è il cielo, il mare o le nuvole?), di giallo (campi di grano, riflessi dorati?), di verde (erba, prati?), di rosso (frutti, calore, sangue?) e di nero (terra, humus, notte?), per poi passare al grigio e sconfinare nuovamente nel bianco. Quale sensazioni sento e vedo rappresentate? Il calore, la vita, la forza…ma anche il sangue. La stessa cosa avviene in “L’oro del mare”. C’è una linea di confine tra cielo e mare che divide il blu dall’azzurro: una linea giallo-dorata. Man mano che si estende nel mare acquista rilievo e volume, divenendo sempre più oro (sono coralli? Un giacimento aureo o un tesoro in fondo al mare? Delle costruzioni o imbarcazioni umane? O semplicemente la luce del sole riflessa?). Invece, ampliandosi nel cielo diviene sempre più gialla (è il sole? Il tramonto o l’alba? Un’esplosione?). Si tratta di una rinascita o di una fine? C’è un’ultimo concetto meravigliosamente integrato nel nostro autore. Da artista polivalente, noto anche per la sua ars poetica, ci troviamo qui di fronte alla innovativa concezione di “parola del colore”. Un processo inverso a quello poetico. Il colore ha la stessa valenza generatrice e creativa del “Verbum”, “Logos”, vale a dire che qualsiasi parte del bianco sia toccata dal pennello acquista forma e vita, sia negli spazi vuoti, sia negli spazi pieni. Un miracolo, una meraviglia. Chi si avvicina, dunque, all’opera di Fabio, lo deve fare in valenza di lettore, osservatore, partecipante. Un pittore in cerca di compagni di viaggio, gocce di sole in cerca di volti da irradiare…

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