Dantebus - "Poemetto Liberatorio" Il mezzo artista

Poemetto Liberatorio

Dantebus - "Poemetto Liberatorio" Il mezzo artistaRicerco la perfezione artistica
in questo attento, lento, sillabare
e una scrittura caratteristica
che dia, ai versi miei, tono nobiliare
così ch’io paia un poeta per davvero:
dietro questa forma vado a celare
la mia mancanza d’un talento vero,
che forse mai esisterà e mai è esisto,
non son certo Dante e neppure Omero.
Son solo un folle d’arte travestito
che affoga li pensieri in questi versi
ché’l senso della realtà ha già smarrito.
Potrei parlar degl’occhi miei dispersi
nel brillar delle stelle tanto amate
o raccontar dei tanti giorni persi,
colpa le notti del sonno private,
o ancora, dire d’un triste vissuto
e descriver quell’albe mai arrivate,
parlar del primo amore conosciuto
decantar ogni bellezza ch’io veda:
scriver d’ogni cosa, fino a star muto.
Ma non riesco.
Questo metro mi sta troppo stretto.
Voglio misurar parole
al peso netto,
che di scrittura vivo,
perciò m’alzo dal letto.
Voglio lasciare un segno
col mio sangue
nel tempo.
L’avrai letto, in Ottantaquattro,
che’l futuro è scritto
da chi ha la storia in mano,
quindi il dado è tratto.
Intanto, son solo,
che dio è morto
e al di là del bene e del male
il mio scheletro
è in ossa di seppia
di Montale.
Sono un mostro dell’inchiostro,
non certo il superuomo
né uomo della domus
piuttosto
sono un mostro di Mary Shelley;
dentro resto un fanciullo,
ma il mio piccolo principe è
di Machiavelli.
E mai ho amato
donne angelicate,
alla tua donna,
che gentile e tanto onesta pare,
preferisco le mie donne pagane,
che d’amor non amo parlare.
Sempre ho preferito le passioni,
lo scriverò nelle mie Confessioni;
non ch’io voglia una vita ricca,
mi basta non restare una sagoma
e passar centoventi notti di Sodoma
con la mia riccia Venere in pelliccia.
E nella filosofia trovo le consolazioni,
se non l’avvessi
sarei il fu Mattia Pascal
e non è una bugia
da personaggio di Collodi.
E di che vi stupite?
Non son certo un poeta
sotto una pineta
e non v’è rosa
su quel mio pianeta,
io son un che
scrive in preda all’estro,
quando lo Spirito mi parla,
quando succede
legatemi all’albero maestro
o mi mozzerò un orecchio
sotto questa notte stellata.
Sono dubbioso oltre immaginazione,
non crederei ch’io esista
se non fosse per la ragione,
il problema è ch’io vedo
il mondo come volontà e rappresentazione
e la mia volontà
è rappresentare il mondo
con le parole.
Potrei parlar
d’un amor che move il sole,
di poesie recitate
ad un balcone,
ma preferisco storie
di persone sole,
che passano
all’inferno una stagione,
dei quali il periodo blu
è un ritorno eterno
ad un’eterna situazione.
Rispetto ai classici
sono un inetto,
un piccolo insetto
e son troppo diretto,
ché scrivo di getto
e non mi rispetto,
m’ancora m’aspetto
che di me sarà detto
che fui un grande genio
in quanto primo dei matti.
Scriverò sempre
solo ciò che sento
sulla mia pelle
e il lento naufragar m’è dolce
in questo mare
sulle mie caravelle:
arte, storia e lettere
con le quali
uscirò da questa caverna
a riveder le stelle.

Il mezzo artista

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