ALESSANDRA PECMAN BERTOK

IL POETA È UN ESSERE COSMICO CHE CONOSCE LE VIE DEL CIELO. LA SUA MISSIONE È FARLE VEDERE, CONOSCERE ED AIUTARE AD INTRAPRENDERE ALL’UMANITÀ…

«Parlare è un bisogno. Ascoltare è un’arte» (Goethe)
L’autrice Alessandra Pecman Bertok individua la scintilla che, similmente a quella che diede inizio al Big Bang e all’origine dell’universo, accende l’OMNIA: l’ascolto.
Nell’informe caos esteriore ed interiore dell’essere, fermarsi ad ascoltare è l’atto generativo dell’uomo e della poesia: «Parole/vuote parole/immagini del niente/prodotto del caos…/questo grande problema/- irrisolvibile per convenienza -/che affligge l’uomo moderno/incapace di ascoltarsi/e di comunicare con se stesso,/prolisso e fastidioso invece/nell’imporre ad altri/tante parole/utili solamente/a riempire il silenzio/della sua solitudine.» (“ASCOLTARE ASCOLTARSI”)
Appoggiare l’orecchio sul proprio cuore e su quello dell’umanità significa iniziare il percorso di luce, che fa “incarnare” il finito nell’infinito, ordinare il disordine, nascere nella terra, con la consapevolezza di far parte dell’universo: «All’universo appartengo,/anzi: sono parte e tutt’uno con esso/e in esso fluttuo beata/finché improvvisa/arriva la Luce./Mi tocca lieve/mostrandomi la via./Allora nel terrestre grembo di una donna,/mia madre/nasco» (“NASCO”).
La poetessa è colei che mantiene dentro di sé questa consapevolezza di appartenenza, che Alessandra magistralmente definisce “ESSERE COSMICO”: «Sono un Essere Cosmico/sono Luce Universale/ora prigioniera/in questo fragile e/terrestre corpo…» (“Essere Cosmico”).
Alessandra ha scritto, inciso, nel proprio cuore, nel proprio destino, una vocazione missionaria: «Devo concentrarmi sulla mia missione…/in cuor mio so…/Dovrò cercare un altro modo,/un altro sistema/per portare a termine il mio Fato/su questo terrestre e tenebroso mondo» (“RIPRENDERE LA VIA”).
Il TELOS della sua esistenza è quello di distogliere il mondo «Sofista/sofistico/sofisticato/e dedito all’illusione della mente/ricercatrice di potere e denaro» (“NASCO”) dalle proprie effimere illusioni e riportare il suo sguardo verso il cielo. Vengono in mente le parole del grande pensatore russo Pavel Florenskij: «È da tanto che voglio scrivere: osservate più spesso le stelle./Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo./Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, quando qualcosa non vi riuscirà, quando la tempesta si scatenerà nel vostro animo, uscite all’aria aperta e intrattenetevi da soli col cielo./Allora la vostra anima troverà la quiete» (Pavel Florenskij).
Il tormento interiore della poetessa è inevitabile quando, più intensamente di tutti, si accorge che l’uomo, abbeverandosi alla nobile e miracolosa “fonte della conoscenza”, è riuscito ad usarla per la distruzione e la morte. L’ESSERE COSMICO, allora, parla di “esperimento fallito”: «Ad un certo punto dell’esperimento/ci venne concessa un’importante/parte di conoscenza…/Essa dapprima ci apparve/come una buona cosa,/poi rovinammo tutto…/Quel che doveva essere Luce/la trasformammo in buio./Quel che doveva aiutarci/a trovare la Felicità/ci portò solo infelicità./Quel che doveva essere fonte di Vita/divenne sorgente di morte./La conoscenza fornita/che avrebbe dovuto creare/alla fine ci portò solo alla distruzione./Rapporto 2016 del viaggiatore stellare:/”Esperimento fallito…/Riproveremo!”» (“ESPERIMENTO FALLITO”).
Eppure il “Riproveremo” finale lascia spazio alla speranza. Finché c’è vita c’è speranza? Il messaggio di Alessandra è più sottile: “Finché ci sono i poeti” (coloro che hanno la consapevolezza dell’ESSERE COSMICO) “c’è speranza!”. Alessandra vede come l’uomo si chiuda da solo in gabbia “inconsapevolmente”; la poetessa, nel suo percorso terreste, non smetterà mai di mostrare quella “via di luce” verso la libertà: «Gabbie piene di colori,/svolazzanti esseri/dalle ali tarpate, regalano/il loro melanconico canto./Prigionieri in prigioni dorate,/dove non c’è lo spazio per un volo…/Gabbie, quante gabbie/l’uomo costruisce/imprigionando la vita,/per ammaestrarla a piacer suo» (“GABBIE”).
Ancora c’aiutano le parole del maestro russo: «La vita vola via come un sogno e spesso non riesci a far nulla prima che ti sfugga l’istante della sua pienezza. Per questo è fondamentale apprendere l’arte del vivere, tra tutte la più ardua ed essenziale: colmare ogni istante di un contenuto sostanziale, nella consapevolezza che esso non si ripeterà mai più come tale» (Pavel Florenskij).
Ecco che, allora, Alessandra dona al lettore una bellissima immagine del suo fare poesia, del suo vivere. La sua missione/poesia è come una pianta, appartenente all’infinito, che ha la sommità nell’universo; l’artista affonda le sue radici nella terra…per dare frutto, per generare seme, per dare aria pura all’umanità: «Il Fato ha deciso:/lascio la mia casa./Ce la farai! Lo so…/Nell’attesa del risveglio affonda/ora le tue già forti radici/nella terra e non tremare davanti/alle tempeste e alle difficoltà» (“CRESCI MIA PIANTA”).
Il lettore che si avvicinerà a questi versi, si troverà di fronte ad una poetessa che “conosce le vie del cielo”. Il fine della sua poesia e riuscire a farle vedere, conoscere e intraprendere all’umanità. Perché l’uomo appartiene all’Infinito, all’Universo all’Eterno. Il lettore è come un tale che è uscito “follemente” in barca, avventurandosi nella nebbia e si è perso. La poetessa che riesce a vedere “oltre”, lo raggiunge, riportandolo sulla rotta che conduce al di là del mare. Come un faro la conoscenza è un dono per intraprendere la via della luce ed uscire dalla nebbia e dal buio:
«Lui è uscito prima di me./Percorro il Lungomare/assorta in pesanti pensieri/in una mattinata/in cui la nebbia sospesa sull’acqua/cela cosa c’è al di là del mare» (“NEBBIA”).

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