PASQUALE FANELLI

FRAMMENTI DI…

L’ars dell’autore Pasquale Fanelli, noto anche con lo pseudonimo Mr Swrauu, reinventa, riscrive, rielabora e in un certo senso trasfigura il concetto di MOSAICO. Con diverse tecniche come l’olio, l’acrilico, la tempera, le vernici, l’artista crea appariscenti pixel e quadratini che, richiamando la grafica dei computer anni ’80, stilizzano e marcano timbricamente un’opera, molto pensata ed elaborata. Sono tessere di un variegato mosaico, che al di là della sperimentazione e innovazione stilistica, donano un profondo senso e significato al tutto: “La felicità non è un grande diamante, è un mosaico di piccole pietre armoniosamente allineate” (Alphonse Karr). C’è una grande varietà anche nei soggetti rappresentanti. Il risultato è strabiliante ed innovativo. Il lettore per apprendere appieno dovrà osservare sia l’insieme dell’opera, sia ogni singolo frammento; solo così ogni pezzo del puzzle potrà andare al suo posto. Bisogna, dunque, procedere con ordine, unendo i puntini numerati passo dopo passo, come nei giochi enigmistici, per completare e vedere l’immagine nascosta. La definizione programmatica dell’ars è enunciata dall’autore nella biografia: “Ho cominciato a parlare di me stesso usando il colore come codice di comunicazione comune, facendo della propria arte uno stile di vita ma, mi sono reso conto che anche questo linguaggio ha un sapore digestivo diverso secondo i soggetti. Ognuno ha un processo digestivo contaminato dai propri limiti intellettuali. Sottolineando la diversità e la bellezza del singolo, colgo la virtù dell’attimo della mia illusione di comunicazione cromatica, ritrovandomi in una solitudine di assenza di colori altrui come un occhio nella fase di percezione, colore non colore, in un caleidoscopio di immagini pixellizzate, con innumerevoli possibilità percettive, a seconda della prospettiva, e dal punto di vista” (“Pasquale Fanelli”). Si tratta, dunque, di una produzione che giunge al culmine di un lungo percorso interiore. La “RUMINATIO” è il termine latino, con cui i monaci indicavano una fase della lectio divina, nella quale si meditava la scrittura ripetendola a mo’ di cantilena e mantra dentro sé stessi. Pasquale effettua la medesima azione. Che si tratti di sentimenti, di temi storici o sociali, l’artista mastica a lungo e profondamente l’argomento, la sensazione: “La fortuna dei mosaici è…in parte una conseguenza dello stupore che provoca l’enorme mole di lavoro che sta dietro la realizzazione di ciascun pezzo. I tempi lunghi (talora anni) che esigeva la esecuzione non scoraggiavano gli artisti (o piuttosto artigiani, dato il carattere prevalentemente manuale del lavoro)” (Mario Praz). La creazione è la fine di questo procedimento e contemporaneamente anche un nuovo inizio, poiché il “rappresentato” chiama in gioco anche l’osservatore/lettore. Entra, cioè, a far parte dell’Universo Artistico (dell’artista e dell’opera) anche il lettore. L’abilità di Pasquale sta nella dicotomia, nel conflitto, nel contrasto tra vedo/non vedo, coprire/scoprire, rivelare/non rivelare, manifesto/nascosto. Le opere sono vivaci, ricche di vitalità e in un certo senso bidirezionali. L’immagine sta apparendo o scomparendo? Stabilirlo è un compito riservato a chi osserva. Una responsabilità incredibile: far vivere o morire l’arte. Questo percorso è fondamentale già nel primo filone pittorico che dice “No alla guerra” e che denuncia l’infamia vergognosa delle persecuzioni e dei campi di concentramento (tutte le opere di questo filone sono intitolate “NO WAR”). L’apparente gioco prospettico è frutto di una scelta decisiva. Come nell’iconografia bizantina e russa, il punto di fuga non è tradizionalmente fissato all’orizzonte, ma è puntellato nell’occhio di chi guarda. Si tratta della PROSPETTIVA INVERSA, sulla quale teorizzarono grandi maestri come Pavel Floresnskij. L’artista, dopo un filone di denuncia storica, si dedica alla ricerca della Bellezza, percorrendo due vie differenti: la donna e il lavoro. È singolare, come Pasquale riesca a produrre immagini seducenti di corpi femminili con la sua tecnica innovativa (“DAI CAPELLI ROSSI”, “DAMA”, “MODELLA MONELLA”, “IN TRENO”, “NUDA”, “SALA D’ATTESA”, “AUSTRIA”). Dopo l’immediato grido di “Fate l’amore non fate la guerra!”, il significato di queste opere va colto nell’oltre. La donna e il suo corpo sono meravigliosi, ogni parte è armonicamente unita al tutto, opera generata da qualcosa di superiore, da un artefice divino. Viene in mente San Paolo: “Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo”. Il secondo percorso del lavoro mostra, in scorci di paesaggi di campagna o città, uomini intenti in lavori umili (“CASA IN CAMPAGNA”, “IL SAGGIO”, “IN CAMPAGNA”, “INDUSTRIA”, “LUCIDA SCARPE”, “MISTICI PAESAGGI”, “PESCATORE”, “RACCOLTA DELLE OLIVE”). La luce è in questi quadri è più diffusa, quasi a significare che dall’alto il sole suggellasse il famoso detto: “Il lavoro nobilita l’uomo”. Il lettore che si avvicinerà a quest’arte, contempli ogni dipinto. Dopo il primo istante, egli si sentirà come trasportato in essa, diventerà quel piccolo quadratino, tessera del puzzle, frammento…che è proprio l’ultimo, il mancante all’opera per essere completata, avere senso, prendere vita: “Siamo mosaici, pezzi di luce, amore, storia, stelle incollati insieme con la magia, la musica, le parole” (Anita Krizzan).

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