MARIA FRANCESCA BORGOGNA

DAL MARE UN MESSAGGIO IN UNA BOTTIGLIA: VIVI LA VITA E COGLI LA BELLEZZA!

L’opera dell’autrice Maria Francesca Borgogna è caratterizzata dal LOCUS in cui nasce la sua ars poetica: PROCIDA. Come nell’ISOLA DI ARTURO di Elsa Morante, la patria della poetessa genera il linguaggio artistico e in essa nasce la sorgente della poesia. Il vento: “Nata dal vento e dal sale/ho dispiegato e ammainato vele” (“NATA DAL VENTO”); il cielo: “Là dove si scioglie ogni tempesta/là dove squarcia il petto il cielo” (“SONO NATA DAL VENTO”); il mare: “Adoro il rigurgito/salino del mare/che mi richiama altrove/e ancora non so dove” (“L’OSCURO RICHIAMO”); il sale “Forse ha l’odore del sale e dell’alga verde/l’alito del mare” (“L’ODORE DEL SALE”); la terra “Come il profumo/del fiore dell’arancio/Quest’erba ha l’odore della festa” (“QUASI IERI”), i fiori e i loro colori caratteristici e sfumati: “Il gelsomino azzurro ha timidi colori” (“DI NOTTE”); i profumi “Con delicatezza e grazia/dei profumi dell’ultimo Mistral” (“ATTIMO”); costituiscono l’HUMUS che Maria Francesca ha dentro e che meravigliosamente tesse in versi, riuscendo a creare un linguaggio e un ambiente elegiaco delicato e allo stesso tempo intrigante. Il componimento programmatico “SONO NATA DAL VENTO” è emblema di tutto ciò, riferendosi abilmente sia alla poetessa che alla sua poesia: “Nata dal vento e dal sale/ho dispiegato e ammainato vele/spezzato il canapo alle sartie tessute /con fibra di nuvole bianche per spiccare voli /Ho affondato radici nella terra/umida e fertile della mia mente/seminando e arando giorni, mesi, anni.” (“SONO NATA DAL VENTO”). E allora il susseguirsi delle stagioni e del tempo nell’isola non solo fanno da contorno, ma rappresentano anche, l’alternarsi della vita e dell’universo: “E così in eterno ogni perla del mare ricopia la prima perla, e ogni rosa ricopia la prima rosa” (Elsa Morante) . Vele che approdano o che partono. Il cielo sereno o in tempesta. Il mare calmo o in burrasca. La terra arida o verdeggiante. Uno dei primi messaggi, che ci dona Maria Francesca, è la tenacia, l’eroicità di una poetessa che pur provata dalle umane vicissitudini: “La vita scorre trascinando/senza tregua il sudario/di erosi ricordi smarriti” (“L’OSCURO RICHIAMO”) è sempre pronta a vedere e mostrare la sua anima di fuoco! Tenendo presente l’obiettivo, l’orizzonte, la meta finale. Molti muoiono e risorgono, toccano terra e si rialzano; invece l’autrice con una forza interiore incredibile (che in parte gli deriva da Procida) non permette di farsi atterrare, né di lasciarsi sommergere dai flutti: “Guardando lontano ho inciampato/nelle distonie del cuore/in questo vento chiaro/dal cipiglio azzurro e freddo/ferma ad un semaforo rosso/ho atteso il verde/dell’imminente stagione nuova/Darò riposo alle mie gambe stanche/Cammineranno ancora, più lentamente/seguiranno gli occhi protesi/sull’ultimo orizzonte di mare/là dove si scioglie ogni tempesta/là dove squarcia il petto il cielo/ mostrando la sua anima di fuoco” (“SONO NATA DAL VENTO”). Quale è il fine ultimo della vita e quindi anche dell’arte? Maria Francesca ci porge risposte a nobili domande esistenziali: vivere vuol dire cercare di “coniugare la sublime imperfezione dello splendere!”. L’arte poetica cerca di intessere trame dorate su di un’esistenza grigia, elevando le emozioni, cogliendo la bellezza. Tentare! Perché non si può raggiungere la perfezione, ma ci si deve provare per non restare nel buio, per non essere mediocri, per esistere davvero: “Forse in questa vita avrai/più tempo di me/Più cose, più di tutto/Ma a che ti servirà se non avrai mai, /neanche per una volta almeno,/provato a coniugare la sublime/imperfezione dello splendere?” (“ACERBO”). La poetessa indica al lettore la giusta predisposizione d’animo. Solo con essa si può dare frutto. L’immagine che Maria Francesca ci dona è come un quadro dipinto: l’atteggiamento che farà germogliare cuore, vita ed arte è simile a quello dei fiori che si lasciano fecondare dal vento. Bisogna aprire le braccia e accogliere ciò che ci è stato donato, sarà come nascere una seconda volta: “Il fragile immolarmi a questa riottosa primavera/sarà il sacrificio del glicine, la spiga e il fior d’arancio/Non ho che questa vita/per lasciare che mi fecondi il vento/non ho che queste mani per accogliere e/alleviare dolori e nostalgie/Nella mia mente ci sono rifugi di calore e luce/vi germogliano pensieri e alati sillogismi/Nel mio petto illusioni, chimere e fantasie/allignano feconde/Tessendo fibre di annunci e attese/sui davanzali nidificano gli uccelli” (“RINASCITA”). La concezione del CARPE DIEM latino e del KAIRÒS greco si coniugano qui in un’idea univoca: cogliere e sublimare l’attimo perché quella è l’unica possibilità, ovvero di quel MOMENTUM, preciso ed esatto, non ci sarà una seconda chance: “Non ho che la carezza lenta/che non fa rumore/Il passo del tempo trattenuto/come un respiro lungo/nel breve abisso di un istante/che sa di azzurro, di nuvola e di terra,/di mare scarmigliato/Non ho che pensieri saturi /con delicatezza e grazia/dei profumi dell’ultimo Mistral/L’ordinaria gioia di figurarmi/il luogo e la stagione dove si schiude/l’eterico fiore di lavanda/Non ho che quest’attimo/Di tracimante eternità!” (“ATTIMO”). La sfida non è solo nella sfera personale, Maria Francesca cerca il modo di trovare le parole per trasmettere quanto sente al lettore, bisogna vivere il giorno prima dell’imbrunire: “In questo crepuscolo senza nome/cerco parole che non so trovare/di percorrere distanze che non conosco” (“L’ODORE DEL SALE”). Il lettore che si avvicinerà a questa opera, dunque, si sentirà trasportato via vento, via mare e via terra nel’isola di Procida, LOCUS della poesia di Maria Francesca. Qui la poetessa canta il suo messaggio: non sprecare la vita, vivila! Non lasciar sfuggire la bellezza dell’attimo, coglila! E così coerentemente, dopo averlo gridato, avvolgerà la pergamena in una bottiglia, la chiuderà e ne affiderà i versi al mare. Dall’altra parte del mondo o in un altro tempo, qualcuno la troverà e leggerà quanto scritto, vergato col colore rosso sangue: “Ricordami qui, dove fanno rotta le vele/bianche di candida e audace avventura…/Ricordami qui su questo piedistallo/di vento con le braccia dischiuse/a voli e cadute/Ricordami nella stagione/che più ti consola/ nei giorni di indigenza/se c’è il cuore che stenta/o quando trabocca /il granaio del tempo/Ricordami qui, ricordami adesso!” (“RICORDAMI”). DAL MARE UN MESSAGGIO IN UNA BOTTIGLIA: VIVI LA VITA E COGLI LA BELLEZZA!

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