GIUSEPPE CALABRETTA

IL COLORE DELLA STORIA

La ricca produzione artistica del maestro Giuseppe Calabretta è un’arte pittorica e scultorea che riproduce svariati soggetti, spaziando dai temi militari, ai motivi agresti, religiosi e monumentali. Inserendosi nella tradizione pittorica dei macchiaioli, l’ars di Giuseppe è particolarmente devota a Giovanni Fattori. Ciò è già riscontrabile nelle splendide rappresentazioni cavalleresche (anche nella scultura su sasso “CAVAIO” troviamo raffigurato un cavallo), che riproducono appunto l’animale che fu tanto caro alla pittura del padre dei macchiaioli. In “CARABIN2”, “LA SCORTA DEI MAGI” e “L’ORDA GUERRIERA” assistiamo a tre diverse cariche, di tre diverse epoche. I vestiti, le armi, le bardature rivelano un minuzioso studio dei particolari, che mostra una evidente competenza e passione per la storia. L’autore ama viaggiare nel tempo. Le sue alte competenze storiche sono evidenti nei dettagli esperti di ogni opera. Esse si ritrovano anche nella soggettistica di paesaggi a tema religioso. In “ENCLAVE GOTICA”, oltre alla clamorosa definizione dell’architettura gotica dell’edificio, troviamo ben sette tipi di abiti religiosi diversi nei personaggi rappresentati. In “CROCIANGELI”, la chiesa alla fine della scalinata, apparentemente fuori dal tempo, viene collocata in era moderna, esclusivamente dall’abito di un signore che scende i gradini. Nel “PORTICO DELLA BASILICA”, invece il tempo è sublimato e potremmo veder uscire da un momento all’altro monaci medievali o devoti dei nostri giorni. Dunque diversi elementi caratterizzano l’ars di Giuseppe: LA PASSIONE STORICA, LA MINUZIOSA ATTENZIONE AI DETTAGLI (frutto di studio) DELL’EPOCA, UNA EVIDENTE ADESIONE ALLA TRADIZIONE DEI MACCHIAIOLI. Un discorso e una menzione a parte vanno fatti per il colore. Il colore è, per Giuseppe, l’unico modo di entrare in contatto con la realtà e col tempo (passato, presente e futuro). Deriva dalla peculiare tecnica cosiddetta a “macchia”, utilizzata dagli artisti della corrente citata. Questa consiste nell’adozione di colori puri giustapposti, che permettono la definizione dell’immagine attraverso il contrasto cromatico spesso molto acceso. Giuseppe rifiuta allora l’uso di linee decise per contornare i propri soggetti, in modo tale che il colore e la luce costruiscano una realtà sfumata e sublimata, costruendo una storia universale fuori e sopra il tempo: “Chissà quali viandanti percorreranno quelle vie!” (“DAL CASTELLO”). Giuseppe è dunque un pittore-aedo che canta le gesta umane. Essendo contemporaneamente un novello Omero, Virgilio, ma anche Dante. Come nel suo quadro “DANTE E VIRGILIO” egli guida piano piano l’osservatore/lettore. Dalla “Selva oscura” e dalle rovine di una città sepolta come Pompei (“POMPEI”), egli lo conduce sino alla luce del Paradiso, grazie alla magia unica e al segreto della sua arte: IL COLORE DELLA STORIA.

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