ELEONORA COGLIATI

NASCERE NON BASTA. È PER RINASCERE CHE SIAMO NATI. OGNI GIORNO

L’ars poetica di Eleonora Cogliati è fondata sul concetto fondamentale, esprimibile con il titolo di una sua stessa silloge, delle “GOCCE DI MEMORIA”. Come nel procedimento dell’estrazione degli oli essenziali, Eleonora concentra in queste “gocce” il suo profondissimo mondo, fatto di vita, emozioni, ricordi, nobilitandolo in versi elevati. Ogni “goccia” è differente dall’altra e come tessere auree vanno a comporre l’opera in uno splendido mosaico di Bellezza. Ma la creazione di queste perle è il culmine di un intenso percorso, a tratti tormentato e doloroso. C’è un sottile confine tra le lacrime e le gocce. Il tempo presente giunge dopo il periodo d’oro e quieto della fanciullezza, seguito da una crisi interiore, nella ricerca trepidante del significato della vita, che a volte mostra spietatamente il suo lato oscuro. Eleonora presenta al lettore il suo cammino, la sua via, nel benevolo intento di poter insegnare qualcosa, di poter accendere anche solo una piccola luce di SPERANZA. L’incipit della Divina Commedia. “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.” corrisponde alla poesia iniziale di Eleonora: “È il calar della sera…/…mentre nell’abbraccio delle ombre che si allungano pigre/lentamente il crepuscolo dissolve ogni cosa,/nel tenue chiarore del giorno ormai pronto a svanire/di Montevecchia il profilo si staglia nel cielo./Oltre il nero orizzonte lo sguardo si perde…/…e muore dietro un velo di lacrime,/testimoni silenti di un oscuro presagio…/…l’immoto presente che mai diverrà domani…” (“È il calar della sera”). La poetessa si rende conto di essere in una “selva oscura” che porta pessimismo e ombre, dove è quasi impossibile vedere: “Apro gli occhi ed è il buio,/ascolto ed è il silenzio,/tendo le mani ed è il vuoto./Ti cerco…ed è la solitudine” (“Risveglio”). Eppure come riprendendo conoscenza e coscienza, destandosi da un sonno profondo, gli occhi si aprono e il buio da nero diventa grigiore, una fioca luce appare lontano: “Mi risveglio./Non avverto il familiare fischio del merlo/che dimora tra i rami in fiore del calicantus,/melodioso canto flautato./Soltanto un monotono ticchettio sui cocci del tetto./Socchiudo gli occhi…/Non distinguo le sfumature dell’aurora/che si allarga tra il profilo imbiancato dei monti,/vellutate luci perlacee./Soltanto un cupo grigiore attraverso le persiane accostate” (“Mi Risveglio”). Seguendo una luce lontana nel buio, la poetessa si incammina: la via della salvezza è nel proprio passato, per ritrovare la strada corretta ripercorre i propri passi, sino al punto in cui si era certi di essere nel giusto. È un viaggio che porta al LOCUS della fanciullezza, quel Friuli fatto di “corse a perdifiato nei prati e tra i campi di grano…giochi nei granai, nelle stalle e nei fienili, la vita contadina, il profumo delle rubinie in fiore in primavera e l’odore acre delle sterpaglie bruciate in autunno, il canto dei cucù al sopraggiungere dell’estate, il cielo notturno stellato e vibrante” (E. COGLIATI). Come inseguendo una farfalla in un prato, la poetessa insegue quella bambina, felice, piena di voglia di vivere e fiduciosa nel futuro: “Per ogni dove ti ho cercata…/Ho inseguito le tue orme/cavalcando per distese senza fine/Ho ascoltato l’eco dei tuoi passi./perdersi nel mormorio del vento./Ho intravisto la tua ombra/sfuggire nel volo di un’aquila./Sfiorando il cielo con lo sguardo/ti ho trovata…” (“Per ogni dove t’ho cercata”). Ed eccola! Eleonora la vede e la ritrova: “Una bimba addormentata,/stesa nell’erba e nel sole,/i lunghi capelli ornati da una coroncina di margherite,/le esili braccia allargate ad abbracciare il cielo,/chiusi gli occhi, aperto il sorriso./Una farfalla,/svolazzando di fiore in fiore,/solletica il suo risveglio./Curiosità e desiderio germogliano da quel vivace batter d’ali./La rincorre,/fiduciosa…” (“Una bimba addormentata). È qui che la poetessa e la donna si devono rigenerare e purificare il cuore. È qui che le ferite del corpo e dell’anima possono sanarsi. Tornare bambini, riassaporare la felicità e la voglia di vivere: “Se non rinasceremo, se non torneremo a guardare la vita con l’innocenza e l’entusiasmo dell’infanzia, non ci sarà più significato nel vivere” (Paulo Coelho). Un importante filone poetico dell’opera di Eleonora è, allora, parte di questo LOCUS. Il tono è volutamente intimo, elegiaco, pastorale, agreste. Immagini e parole sapienti che richiamano Virgilio ed Esiodo. Tuttavia, trattandosi di “atmosfera” è il LOCUS AMOENUS di “Chiare Fresche e Dolci Acque” del Petrarca ad essere ripreso. Tale GENIUS LOCI modella il linguaggio e genera una buona parte delle – gocce di memoria- intrise di destrieri, farfalle, prati, fiori, frutti, profumi, piante, cielo, sole, acqua…Come dopo un temporale, torna il sereno. I versi rendono nuovamente viva la memoria: “D’incanto…/l’azzurro si apre/e la luce dell’alba risveglia la natura assopita./Ed ecco…/il primo raggio di sole/infiammare quell’ultimo bocciolo di rosa” (“Incanto”). Il difficile viene “ora”. Tornare nel tempo presente e applicare quella sana voglia di vivere all’odierno. È come passare nel proprio cuore dalla primavera all’autunno, sapendo che arriverà l’inverno: “Cammino lungo il ciglio del fiume./L’olezzo dolciastro delle foglie appassite/impregna la brezza leggera./Dondolano stanche,/si levano in volo,/lievi si posano al suolo,/soffice tappeto ramato…/Nell’aria è l’autunno…/…ma è già inverno nel cuore” (“L’AUTUNNO DEL CUORE”). Ma il percorso interiore ha portato frutto, quasi inaspettatamente un diluvio benefico bagna il terreno, nutre la terra arida, trascina via le foglie morte. È una pioggia composta da quelle tante gocce di memoria e dalle infinite lacrime, che ormai si confondono insieme e bagnano il terreno, interiore ed esteriore, pronto a germogliare di nuovo: “Piove/sulle foglie morte,/su alberi scheletrici ed arbusti rinsecchiti,/sulla terra brulla e scura./Piove/sulla gente, che corre a capo chino./Piove,/sul mio volto rigato di lacrime,/finalmente piove” (“Mi risveglio”). E infine, i frutti arrivano, proprio nella nuova consapevolezza di vedere la “vita” sotto i propri occhi. Tornare dal buio, rivederci di nuovo…e contemplare i propri due splendidi frutti: “Non temere la montagna che si staglia innanzi a te…/Affronta la salita, e un passo dopo l’altro,/sfidala./Meravigliati della magia del creato,/contempla i colori, inebriati di suoni e profumi./Afferrali, e corri incontro alla vita./Affida i tuoi sogni al volo delle aquile, e seguine la scia./Non temere la sconfitta…/Fermati, chiudi gli occhi e cerca nel tuo cuore…/…lì mi troverai” (“Ai miei figli…- Riccardo e Edoardo – ). Il lettore che si avvicinerà alla poesia di Eleonora, potrà percorrere con lei questa via di rinascita. Dal presente al passato e dal passato di nuovo al presente per volere il futuro, il cuore ferito torna a pulsare: “Nascere non basta./È per rinascere che siamo nati./Ogni giorno” (Pablo Neruda).

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