VINCENZO DEL ANGELIS

TUFFARSI NELL’ARIA PER IMPARARE A VOLARE E SCOPRIRE DI AVERE LE ALI DELLA POESIA

L’ars poetica di Vincenzo De Angelis dipinge un quadro del percorso prodigioso dell’autore, che ha saputo trovare la facoltà poetica e trasformarsi in un uomo nuovo. Un’immagine introduttiva all’opera può essere quella di una persona che, per imparare a nuotare, decide di tuffarsi nell’oceano; non sa se affogherà o riemergerà imparando a galleggiare, tuttavia decide di farlo perché lo sente dentro. Vincenzo, parimenti, sceglie di tuffarsi nell’aria, non sapendo se precipiterà o imparerà a volare: “Ingordo di altro e di domani/e di future umane visioni,/volo in un tempo multiverso/che dilania il mio presente,/che nega la mia presenza attuale,/il mio oggi…/Ma il volo riserva sorprese/agli impavidi/e la morte ai dubbiosi” (“Attimo”). È questo l’inizio e l’ardore dell’essere poeta. Una motivazione intrinseca, una vocazione alla quale non poteva restare sordo: “Siamo esca di sogni randagi/briciole d’infinito./Mendichiamo barlumi di vita/nella notte gelida,/assaporiamo lampi/sulla pelle viscida/della nostra essenza./Corriamo tra stelle e fuoco/alla ricerca di parole,…/Ma ci basta correre/con il vento che ci dilania la faccia…/per soffrire/l’affannoso risveglio del domani./Diranno che siamo niente,/che affoghiamo la speranza/nella pazzia./Siamo essere imperfetti./Siamo solo esca di sogni randagi,/briciole d’infinito” (“Generazione”). Insomma un salto nell’Infinito, grazie al quale l’autore ha scoperto di avere le ali, come un uccello: “Era domani,/ed uno strano silenzio, tutt’intorno,/colmava i vuoti… impietosamente/generati dai dubbi./Era domani,/mi avvertivo nell’aria/ma non riconoscevo più il mio corpo” (“Domani”). Avviene in Vincenzo una trasformazione profonda, nella quale il corpo si unisce all’anima, come la poesia all’uomo. Il nuovo essere non ha più la paura di precipitare, è il tempo di volteggiare nell’aria, il momento di avere il coraggio di guardare: “Nulla rimarrà di questa malinconia,/di questa fottuta paura di guardare/i miei stessi occhi./Il corpo è una dispendiosa prigione/per un creatore di illusioni,/e, per questo, nasconderò l’anima sotto un logoro mantello./Per il mondo vagherà un altro me,…/Troverò pace nel vuoto torpore dei giorni/e riceverò usuale ristoro dal sorriso di una donna,/dal saluto di un amico, dall’abbraccio di un vecchio./Sarà fatta giustizia delle pene/e delle lacrime, che hanno scalfito/e marchiato, per sempre, la mia essenza” (“Cambiamento”). L’elevarsi in alto permette un punto di vista diverso, la proprietà di un occhio poetico speciale. Questa facoltà acquisita può vedere come un tutt’uno la propria vita e l’esistenza. È, allora, che anche un ricordo di fanciullo fa gustare la felicità e capire che cosa essa sia: “Assaporo d’improvviso/la sensazione di quel giorno./Un bambino,/una finestra,/l’angolo annoiato di una stanza,/un tavolo illuminato,/una sedia vecchia./Mia nonna sussurra gemiti/con la corona del rosario sul petto,/mentre mio padre/guarda l’ultima nuvola/del pomeriggio sorvolare/il nostro campo arido./Io sogno il mare/ed una stanza bianca” (“Il ricordo della felicità”). È, allora, che Vincenzo è in grado di far riemergere le emozioni e renderle immortali: “Fatta di lacrime e cielo/la tua carezza ritornerà/dietro ogni porta chiusa,/dietro ogni miraggio./Un pezzo di vita,/colorata, solo, dalla tua mano” (“Carezza”). Quegli aneliti interiori, che insoddisfatti lo frustravano, ora sono appaganti e nobilitanti. Il poeta è immerso nell’essenza dell’esistenza. Eppure c’è un ulteriore passo da compire, dal quale l’autore non può esimersi, perché è il completamento della sua vocazione: la missione. Essa consiste nel mostrare al lettore il proprio percorso, la propria esperienza: “Ergerò la mia chiesa/nelle paludi/abbandonate/del dolore…/Accorrete gente/e vi racconterò favole/gentili e leggiadre./Il vostro viso/diventerà, finalmente, limpido/e guarderete a voi stessi con compassione…/Gli occhi rassegnati e sinceri/mi imploreranno/di conoscere la verità” (“Il Missionario”). Avvicinando i versi di Vincenzo, il lettore vedrà un cammino che lo può rendere migliore, seguendoli passo dopo passo anche lui troverà il coraggio di lanciarci nel vuoto e grazie alle ali della poesia imparerà a volteggiare nell’Infinito.

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