EVA POLLI

COME GRANELLI DI POLVERE NELLA BREZZA

L’artista Eva Polli basa la sua opera su una concezione fondamentale: la costruzione di un mondo migliore. L’uomo ha diritto e dovere di partecipare alla “solidarietà” edificativa di una società, dove imperino il valore della pace e dell’amore. Vengono in mente le parole di Madre Teresa di Calcutta: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. La stessa poetessa Eva, in una delle poesie programmatiche, richiama questa concezione e la delinea ulteriormente: “Un granello di polvere…/Nel deserto/fermo si posa/punge le narici…/suggello di un sogno/motore immobile/inizio impercettibile di vita/uno starnuto” (“PER UN GRANELLO DI POLVERE”). Ognuno di noi è una goccia che forma l’oceano e un granello di polvere del deserto. Eppure pur essendo così “piccoli” possiamo contare nella storia, collocandoci vicino alla narice, siamo in grado, anche da soli, di generare un movimento, di dare fastidio alla consuetudine d’odio e guerra del mondo: “Versi/in un mondo impazzito./…scrollare/scomode consapevolezze…/di quest’aria pungente…/In quel granello di polvere/che costringe le narici e la pelle/ a reagire/sta forse la vita”. (“SENSO”). Il deserto e questa bellissima immagine richiamano la figura di San Giovanni Battista, che fu un granello di polvere molto scomodo e preparò come, proposto da Eva (cioè provocando lo starnuto), la via al Cristo: “Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri»” (Mc, 1-4). In quest’ambiente poetico di partenza nell’immaginario di Eva, oltre alla sabbia e alla terra, parte integrante importantissima è il vento. Si tratta di quell’aria che può diventare brezza leggera o tempesta, che trasporta la sabbia in altri luoghi e in altri tempi. L’autrice parla del vento della storia, personale e dell’umanità: “Nonno vento/mi canti ancora la canzone del tempo?/Quel vento che viene/E poi si interrompe…/sento ancora il fruscio/del tuo tempo che sta per finire…” (“NONNO VENTO”). In quest’ottica Eva, come l’uomo di coscienza, non può rimanere impassibile di fronte al vento che si trasforma in burrasca. Commovente, a riguardo, i versi dedicate all’attentato di Strasburgo: “12 dicembre/Europa/non è un buongiorno…/il cuore dell’Europa piange…/Sfregiati dagli spari/risuonano i vicoli/e quelle morti/ci fanno attoniti…” (“STRASBURGO: NOTTE DI TREGENDA”). La forma allegorica e poetica diventa spaventosamente reale: “Vento amico/hai esagerato/lasciando via libera al fango/impietoso/spietato/impassibile/insensibile all’uomo…/hai fatto scempio del bosco/Che ti è preso, amico vento?” (“VENTO AMICO”). Tempeste sull’uomo (Straburgo) e sulla natura (strage dei boschi) generate entrambe dall’odio. A questo punto è calzante citare il passo biblico, che vede protagonista il profeta Elia sul monte Oreb: “Elia s’inoltrò nel deserto… camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Gli disse: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco»” (1RE, 19, 4-16). Il deserto e il vento, lo stesso ambiente dell’opera della nostra autrice. In questo clima, allora, diventa fondamentale il granello di sabbia che può cambiare il corso della storia. Per riuscirci l’unico modo è avvicinarsi a Dio . L’ Amore e la Pace sono Lui nella brezza dolce e leggera. Per avvicinarLo dobbiamo elevarci verso l’alto. La poesia di Eva ci mostra, allora, le montagne, nella incantevole cornice delle Dolomiti, con la bellissima poesia dedicata al Monte Pelmo: “Quando non ti nascondi/avvolto in un mantello di nuvole/ti fai abbracciare dal mattino…/Caregon del Padreterno…/alla maestà degli altri/l’Antelao, il Civetta, le Tofane../Nascondiglio, riparo/tana per il vento/Tornerà lassù/il Padreterno…” (“IL RITORNO AL CAREGON DEL PADRETERNO”). È lì sul monte che vuole condurci la poetessa, dove c’è il Padeterno, dove il vento diventa brezza leggera, grazie al quale il granello può cambiare il corso della vita propria e dell’umanità: “Ti spinge avanti/una brezza/un alito di vento/che avanza…/in un flusso vitale…” (“VITA”). Lasciamoci condurre, dunque, da Eva, con i suoi versi diventeremo COME GRANELLI DI POLVERE NELLA BREZZA.

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