Francesco Santoro

L’espressionismo istintuale

L’artista Francesco Santoro sembra interrogarsi attraverso la sua arte sul rapporto tra l’uno e i molti, singolarità e pluralità. Una ricerca di tipo esistenziale sul ruolo della singolarità in un mondo così ampio ed eterogeneo: dove è il limite tra l’essere speciale di ogni essere umano e il suo scomparire all’interno di qualcosa di più grande: un gruppo, una folla, la società? Vediamo rappresentata, attraverso le sue opere, una folla che da un lato è costituita da individui unici e peculiari, ma che, dall’altro lato, proprio nell’essere folla, non è che anonima e anonimizzante.
L’artista conferisce grande importanza all’uomo, all’uomo reale, non alle figure idealizzate e stereotipate, sulle quali “spara” sopra pallottole di vernice. Non accetta questa assuefazione che rende acritici e omologati. Gli schizzi di vernice sono come la sua firma.
La commistione di stili, che ricorda a tratti l’opera di Rauschenberg, sta ad indicare proprio quel “melting pot” che è il genere umano, il mondo di oggi, una commistione di anime e sguardi diversi. L’arte di Santoro, quindi, diventa anche simbolo di una missione personale, ovvero, metaforicamente, l’armonica combinazione con materiali estranei.
Quella di Santoro è quindi un’arte istintiva, un'”action painting” che ricorda, in alcune tele, l’espressionismo astratto di Pollock, lì dove il “dripping” stesso spesso viene usato da Santoro a coprire l’immagine primaria come in un processo di ribellione e anticonformismo a tratti nichilista, che crea e distrugge, manifesta e poi cela.
È l’espressione veritiera di una tensione, di un conflitto in atto che attraversa tutti noi.

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