Andrea Copetti

Felicità va cercando

A chi rivolgere le proprie parole? Si chiede il poeta Andrea Copetti. Quello che va a descrivere mediante i propri versi è il continuo tremare di un animo profondamente sensibile e intuitivo e per questo sofferente, uno stato esistenziale proprio di un’anima poetica pura: il conflitto che sorge tra un’individualità che vorrebbe aprirsi ed essere accolta per quella che è, con tutto ciò che ha da dire e da offrire, un animo che urla a gran voce di esistere e di essere ascoltato, che ha bisogno di relazionarsi e di trovare riscontro e riconoscimento. Essere visto. Questo, in fondo, è ciò che ogni uomo più desidera. Ma il poeta non può, non riesce ad ignorare ciò che sa, ciò che vede al di là del velo edulcorante con cui gli uomini vestono se stessi. Ed allora la propria voce viene confinata su pezzi di carta mai letti, punita per il suo ardire. La paura del vuoto, di quello iato insopprimibile che esiste tra noi e l’altro, tra ciò che è finito e infinito, tra noto e ignoto, è feroce e punitivo, ti relega nei meandri della più profonda e buia solitudine esistenziale. La felicità è complicata, non fluisce da sola, non “accade” ma va cercata, è la perfetta armonizzazione di pochi strumenti isolati ma allo stesso tempo ben accordati l’uno con l’altro. Per arrivare a scovare questa agognata felicità bisogna lottare contro i demoni più potenti, rancori, rabbia, incomprensioni, fardelli che rabbuiano il cuore e bloccano il percorso, mentre cerchi disperatamente quel sole che illumina le ombre ed orienta il giusto cammino. Questa lotta si evince dal modo in cui il poeta analizza le sofferenze laceranti che bruciano la “fede nella vita” e, a tratti, se ne mostra affranto. Allo stesso tempo, però, Copetti recupera la speranza e ci sprona a lottare: seguire quell’ideale di relazione umana pura e semplice, colma di amore, in cui, nonostante i fumi conturbanti del tormento, sente di credere fortemente. Cadere e poi rialzarsi, sempre consapevoli, senza fuggire, ma guardando in faccia le proprie pene perché la profonda convinzione è che la vita vince, sempre.

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